Il ruolo del Consiglio: da monitoring a managing board

Progressivamente in questi anni è aumentata l’attività di controllo in senso stretto a carico degli amministratori non esecutivi, in prevalenza indipendenti; attività andata via via ad arricchirsi proprio per le previsioni di un corpo normativo, che, come abbiamo visto, è divenuto sempre più articolato e pressante: tutto ciò si è riflesso in una crescita per molti versi caotica degli adempimenti in materia di controllo, talvolta per lo più formali, che gravano sui board e sui loro componenti (anche per le partecipazioni ai comitati) con connessi significativi profili di responsabilità civili e penali dai contorni per giunta neppure sempre chiari. In altri termini, la più che assorbente attenzione dedicata in consiglio alle problematiche di controllo gestionale, di conformità a leggi e regolamenti (compliance) e di correttezza all’informativa finanziaria ha inevitabilmente sempre più distolto tempo ed energie dal compito di monitoraggio dell’alta amministrazione, vale a dire da un’attività che si potrebbe definire di controllo strategico. Si è così arrivati a scrivere di un board con compiti più di auditing che di monitoring. Da qui la necessità che l’organo amministrativo si riappropri appieno del compito che pure gli è proprio di supervisionare e controllare con maggiore consapevolezza le linee strategiche perseguite dall’azienda nel contesto di un condiviso ed esplicito rischio di business che ci si vuole assumere. Da qui, ancora, la tendenza per un progressivo passaggio da un board meramente di monitoring (tradizionalmente, l’ “anima del controllo” del consiglio) e ad un board che associ anche funzioni di managing (tradizionalmente, l’ “anima  gestionale del consiglio”), beninteso, e non mi stancherò mai di ripeterlo, nel rispetto dei diversi ruoli e delle differenti competenze che distinguono il capo-azienda e la sua squadra dal board e, all’interno di quest’ultimo organismo, gli amministratori esecutivi da quelli non esecutivi.

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